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Monsoon Wedding – Un matrimonio indiano parte 2

Dunque, siamo rimasti alla festa, ai piedi del palco, mentre salutiamo Suma. Le mani giunte al petto, gli occhi lucidi per l’emozione. Chi delle due? Entrambe. 

Ci fa cenno di seguirla sul palco dalla parte dove gli ospiti scendono, dopo aver salutato gli sposi. Primo momento-occhio-di-bue. Saltiamo la fila, passiamo davanti a tutti per salutare Nishkal e Varshini. Mi vergogno come una ladra, Max ha una sorta di paresi per l’imbarazzo. Ma succede di peggio, ben peggio. Facciamo la foto con gli sposi, con gli sposi e i genitori dello sposo, con gli sposi e i genitori della sposa, con gli sposi e tutti i genitori, poi ci invitano a sederci su una divano bianco profilato d’oro completamente ricoperto di plastica, alle nostre spalle.

Accenniamo a scendere per dileguarci e renderci invisibili, ma no, dobbiamo proprio stare lì, sul divano, sotto lo sguardo curioso degli invitati. Continuo a sentirmi fuori posto, lì, sul palco, vestita da suonatore di tamburo, col mio personal-santo seduto di fianco che brontola il proprio disagio ridacchiando, eppure lo sguardo degli invitati non è di fastidio. Ci sorridono e forse pensano che siamo un po’ matti.

Approfittando di un momento di distrazione riusciamo a sgattaiolare giù dal trono e dal palco, mentre prosegue la moltiplicazione degli invitati. I due sposi sono sorridenti, perfetti, bellissimi. Io avrei già avuto una crisi di nervi, Varshini sorride a tutti, con indosso un vestito che sembra più scomodo di un’armatura medievale, bellissimo eh, ma non proprio un pigiama. Lui ogni tanto la guarda, come per chiederle: “Come va? Ce la fai?”, mentre i rispettivi genitori orchestrano parenti e amici e i fotografi si mostrano parecchio esigenti in quanto a espressioni facciali e posture. Come al solito nulla è lasciato al caso. Ogni tanto ci passa sopra la testa un drone, è da un po’ che lo osservo e improvvisamente mi rendo conto che quello che filma il drone viene trasmesso in diretta su un mega schermo presente nella sala e uno piazzato nella sala-mensa. Me ne accorgo perché vedo la mia faccia con la bocca spalancata che osserva il drone di rimando. Ecco, che bello. 

Mentre ci muoviamo per la sala confesso a Prianka di essere rimasta stupita quando abbiamo ricevuto l’invito da Ramesh. Non tanto per averlo ricevuto, cosa che mi ha fatto un immenso piacere, ma per le tempistiche in primis, 15 giorni prima del matrimonio stesso e poi per i nomi scritti sull’inviti. Quando siamo andati a luglio avevamo conosciuto la ragazza di Nishkal. Non ricordavo il nome, ma non sembrava lo stesso sull’invito. Poi vedendo il video del fidanzamento ho avuto conferma: “Non è lei!” Ho urlato. Max mi ha guardato sbigottito: “Ah no? Sei sicura?” “Ma Max! Non c’entra nulla! È tutt’altro tipo!”. Prianka  scoppia a ridere: “È la stessa scena accaduta a casa nostra. Anche Manik non si è accorto di nulla” e mi racconta che a febbraio loro due sono venuti a Mysore per festeggiare i 60 anni di Ramesh. In India c’è un’usanza secondo la quale quando un uomo compie 60 anni o la coppia arriva a 25 anni di matrimonio si rinnova la promessa. Manik e Prianka sono stati invitati e in quell’occasione hanno avuto la sensazione che qualcosa fosse successo. Nishkal aveva l’aria triste e assente e , soprattutto, alla festa non era accompagnato. Il mistero si infittisce.

Improvvisamente arriva Ramesh e si siede vicino a noi. Ha la sua aria furba, quella che di solito ha quando ha deciso di farti fare a tutti i costi qualcosa che tu non vorresti fare. Prende il telefono, apre whatsapp su un gruppo chiamato Happy Family. 

“Siiiiii. This is family group. Gret Family with parents and all the childrenssssss”. Comicia spiegarci l’albero genealogico di tutta la famiglia: i suoi fratelli e sorelle, i fratelli e di Suma, mostrandoceli uno a uno col dito. Finito il giro riparte, per essere sicuro che abbiamo compreso bene tutti gli intrecci, poi fa una pausa drammatica. Ci guarda con gli occhi spalancati e ingrandisce un angolo della foto che io non avevo notato perché senza occhiali non riuscivo neanche a distinguere le facce e non mi ero accorta che quella foto era piuttosto datata. In basso a sinistra si scorge una macchia colorata e sfuocata. “Siccome è una foto di famiglia, chi l’ha scelta come foto del gruppo ha deciso di cancellare questa persona qui sotto, perché non faceva parte della famiglia”. Lo guardo con lo gli occhi da triglia e penso di aver capito male, ma lui va avanti. Altra pausa drammatica, seguita da sorriso furbo. “Sai chi è?”. Io salto sulla sedia, questa storia mi ha ormai catturato e comprendo che un po’ alla volta tutti i puntini si stanno unendo in una grandissima locandina di un film di Bollywood, e mi metto a urlare “È lei! È Varshini!” E indico il palco. Ramesh è visibilmente soddisfatto del colpo di scena. Mi guarda avvolto nel suo abito rosa da maharaja con evidente soddisfazione per il successo del suo racconto a effetto, poi va avanti. Chiude la foto e ne apre una identica dove la sposa, una bimba di 5/6 anni, sorride sbucando dall’angolo della foto. In questa è cerchiata a mano di verde. “Quando ha scoperto di essere stata cancellata dalla foto si è arrabbiata” e ride di gusto. Gli chiedo cosa ci facesse lì nella foto, accanto a un piccolo Nishkal sorridente e lui mi racconta che Varshini è la figlia di un cugino di Suma. Vabbè, ma che fiscali, potevano anche non cancellarla, mi sarei arrabbiata pure io a essere esclusa dai bro. Mi racconta che da piccolo Nishkal aveva dichiarato che l’avrebbe sposata da grande, ma che lei si era negata energicamente. Oddio… che cosa romantica. La mia espressione deve essere particolarmente buffa, perché Max ridacchia alle spalle di Ramesh, mentre lui dondola la testa con l’aria più soddisfatta e tronfia. Poi alza un dito e mi racconta dell’usanza indiana e del suo compleanno, della festa e della tristezza di Nishkal perché con la precedente ragazza era finita la storia. E qui mi aggiunge il pezzo mancante del puzzle. Durante la festa i parenti hanno visto i due chiacchierare e passare la festa insieme e hanno cominciato a far notare come formassero una bella coppia. Come nei migliori film di Bollywood le due famiglie si sono messe d’accordo ed eccoci al matrimonio. In quattro e quattr’otto hanno organizzato questo po’ po’ di festa. Qui siamo andati oltre le mie più rosee aspettative. Manco Jane Austen e le sorelle Bronte messe insieme. Felice dell’esito del suo racconto si congeda e io, ovviamente, condivido il mio scoop con Prianka. 

Alla luce di questa storia lo sguardo di Nishkal mentre guarda Varshini assume un significato ancora più profondo ed emozionante. Mi parte il filmone in testa, ovviamente e me lo immagino prima da bambino e poi da ragazzo desiderare una ragazza che non lo vuole e poi mi immagino il momento in cui, finalmente, potrà allacciare il nodo che suggella il matrimonio. Oddio che cosa romantica. E mentre mi struggo per tutto questo, alzo gli occhi e sullo schermo compare la loro foto con la scritta “God wanted it” e un cuore rosso.

 

Prima di andare via Ramesh ci precetta per il giorno dopo: il rito sarà alle 9.10, ma noi siamo invitati a presentarci alle 6 per assistere al rito di preparazione, con relativa puja. Una signora (credo sia una delle zie di cui vi parlerò nel prossimo post) ci guarda con aria furba: abbiamo detto a tutti di presentarsi alle 5.30, ma inizieremo alle 6.

Strisciamo verso la macchina per andare a dormire, non so neanche che ore siano, so solo che ho 15 ore di viaggio sulle spalle e poche ore da dormire prima di una nuova montagna russa emotiva.

 

Al prossimo post per la cerimonia!

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