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Varanasi 2024 – giorno 6

Oggi è stata una giornata tranquilla, abbiamo deciso di prendercela comoda. Dopo la pratica abbiamo avuto una mezz’ora di sadhana con il guru della Foundation, collegato dalla California su zoom. Oggi Ajeet ha chiesto a me di ruotare il vassoio con la fiamma, durante il mantra di apertura. È stato un gesto molto coraggioso e profondo che mi ha colpito molto. Di norma questa parte la fa sempre un uomo. In questi giorni, ma in realtà spessissimo e non solo in India, anche, ahimè a Milano, siamo stati spesso definiti dagli indiani “il gruppo di Max! e questo cominciava a infastidire in primis Max stesso, che non ha mancato di rimarcare che esistono anche io. 

Ma si sa, non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire, così mi ero rassegnata ad essere per l’ennesima volta la sua appendice. Il gesto di Ajeet ha scompigliato la carte in tavola, perché lo ha fatto a sorpresa e nessuno ha potuto dire nulla. Lo abbiamo conosciuto come silenzioso e schivo, a luglio dell’anno scorso parlava molto poco e si mostrava ancora meno; in questi giorni l’ho visto trovare coraggio e, un po’ alla volta, è diventato parte fondamentale della riuscita del nostro viaggio. Ci vorrebbero più Ajeet nella vita di tutti.

Dopo la colazione qualcuno ha preso coraggiosamente il Tuk Tuk ed è andato ai Ghat, Max e io, più pigramente, siamo rimasti in ashram a lavorare. Nel pomeriggio abbiamo abbiamo lavorato tutti insieme in giardino, per sistemarlo un po’. Premetto e ricordo che siamo in 17. Il guru ci chiede se possiamo lavorare in ashram per raccogliere le foglie, dissodare un pochino il terreno intorno alle siepi, sistemare le siepi stesse. Accettiamo e gli chiediamo gli attrezzi. Ci compaiono Sudanshu e Ajeet con: 2 palette di metallo, uno scopino, due pennelli (per imbiancare), una Nimbus 2000, una cesoia e una scopetta delle loro, quella che sembra la coda di un cavallo. Rastrelli pervenuti: nessuno. Decido di raccogliere le foglie a terra (ricordo che qui è autunno) con le mani, facendo avanti e indietro tra prato e bidone un’infinità di volte, accompagnata du un altro drappello di persone. La cesoia se la palleggiano Francesca e Lucia, mentre Ajeet mostra loro come fare, riducendo gli alberi del vialetto a degli ombrelloni chiusi, la forma è la stessa. Max dopo aver volato un po’ con la Nimbus, dissoda come un matto, ma il numero uno è Alberto, al quale, in nome della sua altezza, viene dato il compito da Ajeet in persona di spolverare le piante con lo scopino-coda di cavallo. Non mi era mai venuto in mente di spolverare degli alberi, ma effettivamente qui le fronde sono avvolte da ragnatele gigantesche piene di meschini e farfalline, che fanno un po’ un effetto “casa di Miss Havisham in Great Expectations”.

Il clou della giornata è la visita alla Farm, la fattoria gestita dall’altro guru, dall’altra parte del Gange, il luogo misterioso. Praticamente nessuno ha voglia di andare. Ci perderemo l’aarti con Ajeet, ma ci tocca. Così partiamo in Tuk Tuk. Attraversiamo il fiume percorrendo il ponte più vecchio e ci troviamo in una sorta di Varanasi 2. Più piccola, ma molto carina, dove tutti ci guardano con stupore e ci salutano. Altro che parte brutta, questa sembra essere la sponda più ospitale. Prendiamo una stradina laterale sterrata e piena di buche. A un certo punto dobbiamo scendere per spingere il Tuk Tuk che si è incagliato in una buca, ma ce la facciamo. Veniamo accolti da un personaggio più simile a un orsacchiotto, con una spazzola di peli che gli esce dalle orecchie e nessun capello in testa, una disgraziata distribuzione tricotica. La farm è un modesto terreno, pericolosamente vicino alle rive delle Gange. E infatti scopriamo ben presto che nel 2013 il più grosso allagamento degli ultimi anni ha devastato tutto il lavoro che avevano iniziato nel 2010, quando è stata aperta. Per l’occasione dal nostro ashram sono stai portati dei rotoli di moquette verde, per farci sedere a terra. Compare il guru di questa sponda, che avevamo già avvolto nel mistero attraverso i racconti di Tejbal: domani mattina partirà per una destinazione misteriosa, con solo due stracci e qualche rupia per tornare solo a Guru Purnuma, che quest’anno cadrà il 21 luglio. Che ansia. Tejbal ci dice che è stato scelto da Babaji come successore, ma nel frattempo anche il guru della nostra sponda è entrato in lizza. Sono due personaggio completamente diversi, agli antipodi, e capisco perché li abbia scelti, Quello della nostra sponda è molto pratico, politico direi. Lo vediamo sempre in giro per l’ashram a dire cosa fare, come organizzare le cose, ogni tanto ci prova anche con noi, ma non trova proprio un terreno fertile. Quello dell’altra sponda è un cuore coi piedi. Ha perso i genitori a 10 anni ed è stato adottato da Babaji che l’ha cresciuto con i valori degli aghor (e qui farò un post a parte, per sfatare il mito degli aghor di Varanasi e spiegare i loro valori), per poi dargli il compito di fondare e far crescere questo progetto. Ci sediamo sul moquettone e lui comincia faticosamente a parlare. Tiene gli occhi rivolti verso un immaginario gobbo, come se stesse leggendo un discorso. Non sono parole sue, fa fatica a parlare, come se fosse in imbarazzo. Mi chiedo come possano averlo scelto per un compito così importante. Poi però cominci a parlare della Farm e ci chiede di seguirlo. Cominciamo la nostra via crucis a piedi nudi sui rovi e sul terreno rugoso arso dal sole. A ogni passo mi si infila qualche arbusto sotto al pianta del piede. Lui cammina come se nulla fosse e, una a una, ci mostra tutte le sue piante, alcune note, altre con nomi impronunciabili e incomprensibili. Scopro la forma di alberello di cannella, l’esistenza di una basilico che odora di chiodi di garofano, che le papaie crescono dal fusto dell’albero, sotto la chioma e felice raccoglie un’enorme zucchina. Ora sorride, è rilassato e ci guarda negli occhi. E capisco perché sia lì. Finito il giro che ormai è buio, torniamo al tappetone sperando di non calpestare nulla di strano, ci fa sedere per bere quello che passerà alla storia come il chai più buono di sempre e ci presenta un altro personaggio fantastico: un signore con barba e capelli arancione fosforescente che si presenta alla fattoria tutte le mattine alle 5 per poi tornare nuovamente dopo il lavoro, verso le 5 di sera, per dare una mano. Si tratta di un musulmano: qui da noi possono entrare tutti, in un mondo dove tutti fanno la guerra noi cerchiamo di dedicarci agli altri, anche con piccole cose. Lo salutiamo a malincuore, nessuno vorrebbe andare via.

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